In graduatoria senza requisiti? Il caso dell'Ufficio scolastico provinciale





Si può insegnare senza avere i requisiti? Domanda lecita in tempi bui per scuola e università. A quanto pare sì, secondo quanto sta accadendo all’Ufficio Scolastico Provinciale di Reggio Calabria. Un’aspirante per le immissioni in ruolo, è, infatti, primo nella graduatoria per l’insegnamento dell’Italiano e del Latino pur essendo stato escluso, per mancanza di requisiti, dalle prove di ammissione del 2007, al corso abilitante, si noti bene nelle discipline in cui sta insegnando, dalla scuola di specializzazione per l’insegnamento dell’Università di Messina. La realtà dei fatti è vincolata a una norma ministeriale che consente, ottenuta l’abilitazione per la docenza di Latino e greco, di essere automaticamente abilitato all’insegnamento per le altre discipline della medesima area tematica. Ma questo dovrebbe valere se per le rimanenti aree si possiedono i requisiti, perché se così non fosse non avrebbe senso che, nel corso degli studi universitari, si dovessero sostenere determinati esami per accedere a talune professioni e/o attività lavorative. Motivo per cui, probabilmente, l’aspirante è stato escluso dalla frequenza del corso per il conseguimento dell’abilitazione in Italiano e Latino che, stante la graduatoria del 2007 dell’ente peloritano, non possiede. E quand’anche avesse avuto la possibilità di “integrare” nel tempo, essendo lo stesso aspirante inserito nelle graduatorie dal 2005, non ha comunque beneficiato per due anni di uno status, ovvero l’insegnamento dell’Italiano e del Latino, di cui non poteva godere? Nonostante le segnalazioni dei contro interessati, che hanno opportunamente avvisato l’Usp del fatto, l’ex Csa, non avrebbe preso alcun provvedimento al riguardo, rinviando gli istanti all’ateneo per la verifica dei requisiti dell’aspirante. Una verifica, che, però, per gli atenei interpellati, spetta all’Ufficio Scolastico di appartenenza dell’aspirante. Altro aspetto interessante nel mondo delle graduatorie è la possibilità di conseguire titoli per scalare la propria posizione verso la meta dell’assunzione a tempo indeterminato. Tali titoli sono valutati sulla base di una tabella ministeriale che indica il numero dei punti che ciascun aspirante può vedersi riconosciuti in base ai titoli conseguiti. Ma, sempre per citare casi dell’Usp di Reggio, a taluni aspiranti sono stati riconosciuti titoli universitari conseguiti nel medesimo anno accademico, sulla base della tabella sovra citata che non reca norma di divieto di cumulo di punteggio. Ma come può un atto non legislativo, quale appunto la tabella di valutazione di titoli, soccombere di fronte al Regio Decreto n. 1592 del 31 agosto del 1933 che reca divieto di contemporanea iscrizione e frequenza di più corsi universitari? Chi dovrebbe verificare la contestuale frequenza? Di certo gli atenei, ma di sicuro l’unico ente che riceve la prova “provata” del fatto è l’ufficio scolastico provinciale. Chi, in poche parole, tutela coloro i quali sono regolarmente inseriti nelle graduatorie per l’insegnamento, avendone i requisiti e coloro che hanno agito secondo legge, senza cumulare più titoli in un anno? Un quesito che rischia di rimbalzare tra atenei e uffici scolastici, a discapito dei molti aspiranti docenti con le carte in regola.

di Emanuela Martino - Fonte Strill.it

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